mercoledì 23 febbraio 2011

Labirinti

Capita che qualche volta ritorno nel vecchio quartiere dove sono cresciuto, così, perché mi va di rivedere i posti che evocano certi momenti degli anni dell'infanzia, che solo in futuro scoprirai ti si sono scolpiti dentro per sempre. Ma non c'è più la vecchia scritta, benvenuti nel ghetto, dietro il muro di casa, che ironicamente salutava i passanti, ricordandogli di stare in uno di quei quartieri "dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi perché ha già troppi impegni per scaldar la gente di altri paraggi", come cantava De Andrè. Non c'è più Piero che ha finito la sua guerra in questo mondo perché accompagnato da un cancro nell'altro; non c'è più quella vecchia villa immersa nel verde, misteriosa e solitaria, perché ora, al suo posto ci hanno costruito l'ennesima  mastodontica schifezza di cemento armato. Non ci sono più tutti gli amici che urlavano e inseguivano un pallone, sull'asfalto arroventato dal sole. Non ci sono più mio padre con la sua vecchia Gilera, e mia madre che cantava "Profumi e balocchi" oppure "Come pioveva"; ma li ricordo ancora affacciati alla finestra, cercando un po' di tregua e di sollievo alla calura estiva nel fresco della sera. Non si sentono più le voci festose, i: "buongiorno!" e i: "buonasera, come sta?!"o i: "ciao, ci vediamo domani!", le TV con il volume a palla, i: "dai! A casa, la cena è pronta!... Ci soffia ancora il vento, però, qui, in questo quartiere dimenticato, ferito,
silente. Quel vento che nelle notti estive porta refrigerio e aiuta a dondolare i pensieri cullandoli nel ricordo del  primo amore, della prima litigata, del primo amico, della prima ribellione, poco prima di addormentarsi. Sì, nonostante il passare del tempo lui e rimasto sempre lo stesso, scivola leggero, portando il profumo salmastro del mare attraverso i labirinti delle strade, ricordandoci, ogni volta che ci sentiamo un po' smarriti, da dove veniamo.

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